venerdì 10 aprile 2015

Robinhobbite

E poi, c'è quel tipo di libri. Te lo fanno scoprire per caso, ma all'inizio non ci presti troppa attenzione. Poi te lo prestano...e lì è la fine!!

Ieri notte, verso l'una e mezza del mattino, ho finito il terzo e ultimo libro della Trilogia dei Mercanti di Borgomago di Robin Hobb. Dico trilogia, ma in realtà i libri originali qui in Italia sono stati divisi, almeno per quello che riguarda i primi due: Ship of Magic è diventato La Nave della Magia e La Nave in Fuga, Mad Ship La Nave dei Pirati e La Nave della Pazzia, mentre Ship of Destiny è stato pubblicato in un unico volume, La Nave del Destino. Non amo queste scelte editoriali, che non rispecchiano il disegno originale degli autori, ma d'altra parte, dopo il modo in cui è stato diviso il Trono di Spade, ci si può aspettare di tutto. 



Robin Hobb è una scrittrice americana, il cui vero nome è Margaret Astrid Lindhom Ogden. 

Robin Hobb
I libri che ha scritto con lo pseudonimo di Robin Hobb sono per la maggior parte ambientati nel mondo di Elderling, di cui fa parte la città mercantile di Borgomago, sulle coste delle Rive Maledette, che ha una particolarità: alcune delle sue più importanti famiglie di mercanti possiedono dei velieri viventi, navi la cui struttura e la cui polena è costruita in un particolare legno magico commerciato dai misteriosi Mercanti delle Giungle della Pioggia. Dopo tre generazioni di capitano morti sul suo ponte, la polena si risveglia, diventando un'entità autonoma ma legata alla famiglia di appartenenza, con i ricordi di tutti i suoi capitani. Tra i protagonisti della trilogia vi è Althea Vestrit, legata al veliero vivente Vivacia, che dovrà combattere per dimostrare che è degna di esserne il capitano. Nello stesso tempo, il capitano pirata Kennit persegue un ambizioso obiettivo che potrebbe legare il suo destino a quello dei personaggi originari di Borgomago...

  
Primo libro: affascinante. Secondo libro: intrigante. Terzo libro: non me ne scollavo più. L'ambientazione è definita su diversi siti 'fantasy medievale epico', ma più che al medioevo mi ha fatto pensare al 1600/1700, in particolare per il modo in cui sono fatte le navi e per la descrizione degli abiti dei personaggi. 



In ogni caso la cosa più particolare è il mondo nel quale vivono i protagonisti, che sono uno più bello dell'altro. Li ami alla follia o li odi con tutto il cuore, e il modo in cui la Hobb scrive mi ha appassionata tanto al racconto che ormai è diventato una mia ossessione. Sono arrivata a sognare parti del romanzo una notte si e l'altra pure, parlarne con tutti (e facendomi capire solo dall'amica che mi ha consigliato i libri, presa quanto me), andare su Deviantart e Trumblr per cercare fan art, facendomi involontariamente degli spoiler. 


Era da un bel po' che una saga non mi appassionava in questo modo. Sono affetta da Robinhobbite. E' un vero peccato che Robin Hobb non sia molto conosciuta qui in Italia, dove i suoi romanzi sono pubblicati da Fannucci. Seguendo l'ordine cronologico, si dovrebbe leggere per prima cosa la Trilogia dei Lungavista, poi Borgomago, la Trilogia dell'Uomo Ambrato ed infine le Cronache delle Giungle della Pioggia. Spero davvero che diventi più famosa, questa scrittrice fantastica se lo meriterebbe. George Martin, l'autore del Trono di Spade, ha definito i suoi romanzi "...dei diamanti in un oceano di zirconi". E tra l'altro, secondo me, lei è di gran lunga superiore a lui. L'anno scorso sono stati entrambi protagonisti di un evento speciale negli Stati Uniti. Erano invitati soltanto loro due, ma la sala era piena. 

Nella sedia a sinistra, George R.R. Martin, in quella al centro,
Robin Hobb

Fosse per me, ora leggerei tutti i suoi altri romanzi...ma c'è proprio il quarto libro delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, che sto rimandando da troppo tempo! Poi, comincerò la Trilogia dei Lungavista. Tanto per farmi venire un altro attacco di Robinhobbite.


"Metà dei mali di questo mondo avvengono mentre le persone oneste stanno a guardare e non fanno niente di male."

Voto per l'intera trilogia: 10/10



giovedì 26 marzo 2015

La Vagabonda di Sharon Creech

"Attraversare l'Atlantico a tredici anni, navigando dal Connecticut alla Nuova Scozia, e poi fino all'Irlanda...
Una vacanza straordinaria per Sophie, Brian e Cody, che insieme agli zii trascorreranno l'estate in mare, su un veliero chiamato La Vagabonda, per raggiungere l'amatissimo nonno Bompie.
Fare un viaggio del genere, però, non significa soltanto fare i conti con la furia improvvisa degli elementi, ma anche rischiare qualcosa di più: per esempio imparare a misurarsi con le proprie paure, a fidarsi degli altri, a guardarsi dentro. Alla grande avventura sull'oceano se ne intreccia un'altra, quella che vedrà Sophie navigare nella profonda, misteriosa corrente del passato, e darà a Cody la forza di essere finalmente se stesso..."


Ringrazio infinitamente chi, dopo tanti anni, mi ha fatto ritrovare questo libro tra gli scaffali della sua biblioteca e me lo ha prestato. Ciò che mi ha attirata di questo libro è stata prima di tutto la copertina, con quella ragazzina dai lunghi capelli verdi scossi dal vento in primo piano, le onde del mare, la barca, il cielo e i gabbiani. Una copertina che si è rivelata praticamente all'altezza del libro, e questa è una cosa che mi è capitata raramente.

Sharon Creech
La Vagabonda è un romanzo di formazione raccontato con l'espediente del diario di due dei protagonisti, Sophie, curiosa di tutto e abile narratrice di storie per la sua 'ciurma', e Cody, uno dei suoi cugini, un ragazzo dal complicato rapporto con il padre che sembra costantemente sottovalutarlo. Attraverso i loro occhi incrociamo gli altri personaggi, come loro sballottati durante il viaggio  in situazioni che li faranno crescere e capire veramente se stessi. Tutti insieme formano una strana ed allegra combriccola, con le sue divergenze e i suoi punti in comune, e la sua forza che la salverà dall'immenso oceano. Proprio il mare è un altro dei protagonisti del romanzo, capace di dare gioia, come quando lascia avvistare delfini e balene, e di dare anche un'immensa paura quando forma la mostruosa Onda.


Lo stile di Sharon Creech è scorrevole, semplice e piacevole, adatto ad ogni situazione, sia essa grave o comica, ed è capace di catturarti e lasciarti andare alla deriva in questa storia di mare, amicizia e ricordi. L'unica critica -ma questa è una colpa della traduzione, non dell'autrice- è la traduzione del nome di uno degli zii, da Bridge a Ponte. Un nome parlante che in questo modo non viene del tutto apprezzato.


"Il mare, il mare, il mare. S'increspava incessantemente e mi chiamava. Vieni, diceva, vieni.                                                                                                                                       E io andai, abbandonandomi, fluttuando, nuotando, ma il mare continuava a chiamarmi: Più lontano, più lontano, e io imparai ad andare in barca -barche a remi, gommoni, motoscafi e infine vele. Sfrecciavo sull'acqua accompagnata soltanto dal rumore del vento, della risacca e degli uccelli, che gridavano insieme: Più lontano, più lontano." 
 Voto: 8/10